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Andare in montagna in gravidanza è possibile?

Molte donne si chiedono se andare in montagna in gravidanza sia possibile. Non solo la preoccupazione riguarda possibili cadute ad alta quota, ma anche le conseguenze che possono essere generate dall’altitudine.

Le altitudini elevate, infatti, espongono il corpo a una pressione atmosferica inferiore, che porta a livelli di ossigeno nel sangue più bassi. Di conseguenza, i tessuti possono diventare privi di ossigeno, una condizione nota come ipossia. Tale termine indica una condizione patologica determinata dalla carenza di ossigeno, che viene definita comunemente come mal di montagna.  

Nei casi più lievi, il mal di montagna provoca disturbi come mal di testa, ma possono verificarsi anche casi più gravi con conseguenze come l’edema celebrale.

In gravidanza, dunque, è bene fare attenzione.

Andare in montagna in gravidanza: i rischi

Secondo studi scientifici, la maggior parte delle persone non ha difficoltà ad adattarsi alle condizioni che si verificano attorno ai 1500-2000 metri di altezza, mentre oltre i 2500 metri la percentuale delle persone che possono soffrire di mal di montagna aumenta sensibilmente.

Le donne in gravidanza statisticamente hanno le stesse probabilità di soffrire di mal di montagna: quando si è incinta, il corpo dovrebbe normalmente acclimatarsi ai livelli di ossigeno più bassi, assicurando così che il bambino continui a ricevere ossigeno adeguato. Con la parola acclimatarsi si intende una forma di adattamento che un organismo attua in risposta a variazioni dell’ambiente.

Tuttavia, i farmaci che vengono prescritti per il mal di montagna, ovvero analgesici e l’acetazolamide, sono da evitare in gravidanza e, in particolare, nei primi tre mesi.

Quindi, per le donne che sono sane e hanno una gravidanza senza complicazioni, è possibile andare in montagna, ma è sempre consigliabile non superare i 2500 metri di altezza durante la gravidanza.

In particolare, è meglio evitare di salire oltre i 2500 metri se si soffre d’ipertensione arteriosa, se si hanno malattie polmonari o cardiache. Inoltre, se si hanno disturbi di ipertensione o preeclampsia, bisogna prestare particolare attenzione perché si potrebbero avere maggiori probabilità di complicazioni.

Come riconoscere il mal di montagna: sintomi

Prevenire è sempre meglio che curare, quindi che sia per un giorno o per una vacanza un po’ più lunga, è sempre meglio consultare il ginecologo quando si vuole andare in montagna.  Ciò è particolarmente importante perché i sintomi del mal di montagna possono comparire anche dopo 12 ore e spesso possono essere scambiati per un normale disagio dovuto alla gravidanza.

Se si rimane a lungo ad alta quota potrebbero comparire alcuni sintomi che stanno ad indicare che si soffre di mal di montagna. Ecco quali sono:

  • irritabilità;
  • mal di testa;
  • carenza di ferro;
  • vertigini accompagnate da un senso di stordimento;
  • perdita di appetito;
  • insonnia;
  • nausea;
  • apatia;
  • stanchezza eccessiva;
  • iperventilazione;


Generalmente questi sintomi tendono a manifestarsi intorno ai 3500 mt di altezza, anche se in alcuni casi si possono manifestare anche ad altitudini inferiori come 2000 metri. Oltre che l’altitudine, un altro fattore importante da tenere in considerazione è la velocità di ascensione perché l’organismo ha la necessità di un tempo adeguato per potersi adattare ai cambiamenti.

Gravidanza ad alta quota: che cosa si rischia?

Ogni gravidanza e diversa e tutti reagiscono all’altitudine in modo differente.

La quantità di ossigeno disponibile per il nostro corpo diminuisce all’aumentare del livello del mare che viaggiamo. Sebbene ciò non dovrebbe presentare problemi a nessuno fino a circa 1500 metri.

Inoltre, durante la gravidanza, quando il corpo deve già lavorare più duramente del solito per sostenere il bambino in crescita, sarebbe meglio non correre il rischio che il bambino in fase di sviluppo debba ricevere meno ossigeno di quanto necessita.

Esistono diversi studi che hanno analizzato le conseguenze dell’ipossia sulle malformazioni cardiache fetali. Uno studio pubblicato sul Journal of Cardiology dimostrerebbe che l’esposizione ad alta quota aumenta l’incidenza delle complicanze della gravidanza e della morbilità neonatale.

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Quando è necessario non viaggiare: gravidanze ad alto rischio

Generalmente, il periodo più sicuro per viaggiare quando si è incinta è il secondo trimestre, a condizione che non si verifichino complicazioni. Sarebbe meglio evitare i paesi ancora in fase di sviluppo e soprattutto di non assumere farmaci generici comunemente usati durante i viaggi.

In alcuni casi è sconsigliabile viaggiare, specialmente alle donne che presentano alcune complicazioni. Molto meglio non rischiare e non allontanarsi troppo dalle possibili cure immediate di un medico ginecologo curante o dell’ospedale.

Ecco alcuni casi in cui è sconsigliabile fare le valige lontano dalle prime cure e soccorsi. Sarebbe meglio evitare i viaggi se sono presenti:

  • sanguinamento vaginale;
  • gravidanza multipla;
  • diabete gestazionale;
  • preeclampsia;
  • anomalie della placenta;
  • precedente aborto spontaneo;
  • precedente parto prematuro;
  • precedente aborto spontaneo.
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