Spesso quando si parla di pressione arteriosa, si fa riferimento alla pressione minima o massima ma non tutti sanno che cosa significhi questa indicazione.
In realtà, la misurazione della pressione arteriosa fa riferimento a due valori: la pressione sistolica e la pressione diastolica.
La pressione arteriosa è quella che viene esercitata dalla spinta del sangue sulle pareti delle vene. Per spingere il sangue il cuore segue due fasi: una di contrazione in cui effettivamente spinge il sangue e una di rilassamento.
La pressione sistolica è quella che si registra nel momento in cui il cuore sta pulsando mentre la pressione diastolica è la pressione del sangue sui vasi sanguigni nel momento in cui il muscolo cardiaco è in fase di rilassamento.
Il cuore infatti ogni volta che emette un battito esegue una contrazione e poi si rilassa, che è, appunto, il momento di intervallo tra un battito e l’altro.
La contrazione del miocardio, in ambito medico, viene chiamata sistole, mentre la fase di rilassamento, in cui atrio e ventricolo si svuotano, è detta diastole. Da qui derivano i due nomi relativi alla pressione arteriosa.
Nel gergo comune, invece, la pressione sistolica viene chiamata pressione massima, mentre la pressione diastolica pressione minima. I valori della pressione sistolica sono ovviamente più alti perché, nel momento in cui il cuore pompa, esercita una pressione maggiore sui vasi sanguigni.
Tuttavia, i valori relativi alla pressione possono essere condizionati da diversi fattori che dipendono dalla forza con cui il cuore spinge il sangue nelle arterie, dalla sua capacità di contrarsi, dalla frequenza cardiaca, dalla possibile ostruzione dei vasi sanguigni e dall’elasticità delle vene.
Quando si registra la pressione arteriosa di un individuo si indicano i due valori che fanno riferimento, rispettivamente, alla pressione sistolica e alla pressione diastolica.
I valori della pressione possono variare sia per motivi fisiologici, sia per predisposizione genetica sia a causa di patologie. Tuttavia, i medici indicano come valori di riferimento ottimali una pressione diastolica compresa tra i 60 mmHg e gli 80 mmHg. È possibile che durante la giornata, a seconda del tipo di attività svolta e dell’ora, ci possano essere degli scostamenti. Se, però, mediamente la pressione rimane nel range indicato, significa che non ci sono rischi per la salute.
Se, invece, i valori medi sono di frequente inferiori ai 60 mmHg o superiori agli 80 mmHg, è probabilmente il caso di sottoporsi ad accertamenti per capire le cause e farsi prescrivere il trattamento opportuno.
Si parla di ipotensione quando i valori scendono al di sotto di una certa soglia sia relativamente alla pressione sistolica sia a quella diastolica, ovvero quando i due valori scendono rispettivamente sotto i 90 mmHg e i 60 mmHg.
Le cause possono essere varie e comprendono:
Si parla, invece, di ipertensione quando i valori superano i 140 mmHg di pressione sistolica e i 90 mmHg di pressione diastolica. Man mano che crescono, aumenta anche il livello di gravità della patologia e il rischio di complicanze sia a livello cardiaco, come aritmia ventricolare, infarto, ipertrofia, etc., sia a livello celebrale, come encefalopatite, trombosi, ictus, demenza, etc.
Vi sono due tipi principali di ipertensione:
Tenere sotto controllo la pressione è molto importante in fase diagnostica per evidenziare possibili patologie, ma anche per evitare conseguenze più gravi.
Oggi i misuratori di pressione sono di facile utilizzo e di buona precisione. Fino a qualche anno fa, l’unico sistema per provare la pressione era attraverso lo sfigmomanometro manuale: molto preciso, ma che richiedeva una certa competenza, infatti veniva utilizzato quasi esclusivamente da medici e farmacisti.
Oggi esistono misuratori da polso e da braccio che sono in grado di rilevare la pressione arteriosa velocemente e con estrema precisione.
I modelli più avanzati, poi, sono associati a delle app attraverso le quali è possibile tenere traccia di tutte le misurazioni e inviarle anche al medico curante.
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