L’altitudine può avere effetti evidenti sul corpo umano e, di conseguenza, questi possono colpire con maggior intensità le donne in gravidanza. Quando si vive o si viaggia in zone ad alta quota, in pratica, la riduzione della disponibilità di ossigeno dovuta alla diminuzione della pressione atmosferica, può affaticare l’organismo in vari modi. Ecco perché, per chi è in dolce attesa, è importante conoscere l’impatto dell’altitudine e i conseguenti rischi per la salute.
Durante la gravidanza, dopotutto, il corpo subisce numerosi cambiamenti fisiologici e, tra questi, alcuni possono rendere le donne più vulnerabili agli effetti negativi dell’altitudine. Ad esempio, la riduzione dell’ossigeno disponibile può influenzare la crescita e lo sviluppo del feto, oltre a mettere a rischio la salute della madre.
L’obiettivo di questo articolo, dunque, è quello di fornire una panoramica dei potenziali rischi associati all’altitudine durante la gravidanza e offrire consigli pratici per le donne che devono affrontare soggiorni in alta quota. In ogni caso, prima di affrontare un viaggio o esporsi a questo genere di pericoli, è sempre fondamentale parlare con il proprio medico di riferimento.
Quando una persona si trova ad alta quota, la pressione atmosferica diminuisce, riducendo anche la quantità di ossigeno disponibile per il corpo. Questa condizione, nota come ipossia, può causare vari sintomi come affaticamento, mal di testa, nausea e difficoltà respiratorie. Il corpo, in pratica, cerca di compensare producendo più globuli rossi per trasportare ossigeno, ma questo processo richiede tempo.
L’ipossia può anche influenzare il sistema cardiovascolare, aumentando la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna. Tali cambiamenti possono essere particolarmente impegnativi per le persone con condizioni preesistenti o per quelle che non sono acclimatate all’alta quota. Inoltre l’altitudine può alterare la funzione dei polmoni e dei reni, influenzando l’equilibrio acido-base del corpo e la distribuzione dei fluidi.
In sostanza, quindi, l’altitudine può effettivamente creare problemi al corpo umano ma solo in particolari condizioni fisiche e di salute. È chiaro che un cardiopatico non abituato allo sforzo fisico, soffrirà maggiormente la mancanza di ossigeno rispetto ad un soggetto allenato, anche se esposto per la prima volta all’alta quota. Tutto dipende dal paziente e, in questo caso, dalla gestante.
Durante la gravidanza, i rischi associati all’altitudine possono diversi e più o meno gravi. Il nostro intento, quindi, non è quello di dichiarare apertamente pericolosa l’altitudine per le donne in dolce attesa, quanto piuttosto mettere in guardia dai rischi per coloro che potrebbero risultare sensibili a tale condizione ambientale.
Il punto è che la riduzione dell’ossigeno disponibile può comportare un rischio di ipossia sia per la madre che per il feto. L’ipossia materna, inoltre, può influenzare negativamente la crescita e lo sviluppo fetale, aumentando il rischio di complicazioni come il ritardo della crescita intrauterina.
L’altitudine può anche aumentare il rischio di ipertensione, che può portare a condizioni pericolose come la preeclampsia; questa complicazione della gravidanza è caratterizzata da alta pressione sanguigna e danni agli organi, e può avere gravi conseguenze sia per la madre che per il feto. La preeclampsia, inoltre, richiede l’immediato consulto con il medico e può comportare interventi urgenti.
È stato anche dimostrato come la mancanza di ossigeno e nutrienti sufficienti possa causare la restrizione della crescita fetale, con potenziali effetti a lungo termine sulla salute del bambino. Una serie di studi pubblicati sul BMJ, infatti, suggeriscono che l’esposizione all’altitudine può influenzare negativamente il peso alla nascita e aumentare il rischio della già citata preeclampsia, e sottolineano l’importanza di una preparazione e monitoraggio adeguati.
Per le donne incinte che devono soggiornare in altitudine, appurata l’assenza di rischio con il proprio medico curante, è necessario “acclimatarsi” gradualmente, per permettere al corpo di adattarsi alla ridotta disponibilità di ossigeno. La miglior soluzione, quindi, è quella di pianificare i soggiorni in tappe progressive, aumentando a poco a poco l’altitudine di permanenza per ridurre i rischi associati all’ipossia.
Durante il soggiorno, invece, si dovrà monitorare con attenzione la salute della gestante e del feto, magari con appositi dispositivi per misurare la saturazione dell’ossigeno.
In casi come questo è importante mantenere una buona idratazione e seguire una dieta equilibrata, cioè ulteriori misure preventive che possono contribuire al benessere generale della gestante.
Infine, dal momento che ci sono casi per i quali potrebbe essere necessario evitare del tutto l’altitudine, in base al passato clinico e alla salute della paziente, è sempre consigliabile lasciare al medico di riferimento la valutazione finale.
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